Racconti

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Eccoli, i miei brandelli di una vita di calcio; gli stracci che mi erano rimasti addosso, le pezze che cercavo di nascondere, di occultare, e che invece ho preso a conservare con cura.
Ecco, i panni stesi di una vita di pallone. Le magliette di tutti quelli che le hanno sudate con onore. I colori di chi li ha saputi indossare con orgoglio. Racconti brevi, leggeri, delicati, come dei Pavesini.

Description

Come ho fatto quel giorno a salvare il posto in squadra? Per chi sono le azalee che ho comprato prima della partita? Mi sono trovato sulla spiaggia di Vietri sul Mare con una domanda da fare; ho corso la mia infanzia con la più bella musica del mondo, quella dei Genesis, dei Pink Floyd e degli Osanna; c’è stata una domenica in cui la città di Como ha avuto due laghi; un quadro mi ha fatto paura e un ritratto mi si è stampato nella memoria. Poi una volta fui un assassino e piansi, tentai di diventare un fantino e risi, ma è con le poesie trovate nel cerchio del centrocampo che mi sono abbandonato alla bellezza.
Giovane, mi sono involato sulla fascia laterale scorgendo immondizia sul ciglio della strada; vecchio, sono arrivato sulla linea di fondo accorgendomi che i giorni erano cambiati; per fortuna avevo Teo. Chi è Teo?

RASSEGNA

Zerottonove: «Nuove storie di Sergio Mari»
Oltrecultura: «Racconti dal sapore di Pavesini»
Cronache Salerno: «Sergio Mari oltre la linea d’ombra»
Gazzetta di Salerno: «I Racconti di Sergio Mari a Vietri sul Mare»

 

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Recensione editoriale

I Racconti di Sergio Mari ci trasportano sul filo dei ricordi, alla sua adolescenza e al suo passato di calciatore, quando calcava i campetti di periferia e divideva il suo tempo tra la musica, i fumetti e il pallone. Poi con il passaggio al calcio professionistico si assiste alla sua crescita umana e sportiva. Più che veri e propri racconti sono brandelli di memoria, frammenti, stelle filanti, coriandoli oserei dire trovandoci in clima carnevalesco e del Carnevale, infatti, conservano l’allegria, la festosità, la leggerezza intesa come sottrazione di peso. Una leggerezza che, come dice Italo Calvino, è un valore e non un difetto; è l’agilità scattante del pensiero che si contrappone all’inerzia e all’opacità del mondo. Quella leggerezza che avevamo rintracciato in Sei lodore del Borotalco e che qui è affidata, volendo giocare ancora con i sensi, al sapore delicato ed evanescente dei Pavesini. Una leggerezza che si associa alla precisione e non alla casualità; si pensi al nitore dei ritratti dei suoi compagni di calcio, dei suoi allenatori e dei suoi amici, soprattutto Teo col quale condivide l’altra sua grande passione: la musica, in particolare quella progressiva. Sullo sfondo un’Italia che cambia o meglio che sembra cambiare. Siamo negli anni Novanta e si prepara il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica che, a ben guardare, lascerà tutto invariato o addirittura peggiorerà le cose; non è un caso che, appese le scarpe al chiodo, Sergio, ormai trentenne, si troverà privo di certezze, spaesato e confuso. 

Mancano in questo libretto le figure femminili se si esclude quella materna e sarà proprio la madre, in uno di questi memoir, l’interlocutrice di Sergio per uno scambio di battute sulla musica che ascoltano: da un lato L’importante è finire di Malgioglio affidata alla voce sensuale e inimitabile di Mina e dall’altro Pigs dei Pink Floyd. Uno stupendo siparietto che acquista colore e freschezza dall’uso sapiente del dialetto (o idioma?) napoletano.

Francesco Improta